Corporate Wellbeing Lavoro

Come misurare l’impatto del Welfare Aziendale – Antonio Manzoni

Tra i vari interventi del Workshop del 5 Aprile 2017 “Welfare Aziendale – Persone Felici e in Salute per Aziende Produttive”, ritroviamo quello di Antonio Manzoni.

“Non si può gestire ciò che non si riesce a misurare”, che ha come tema la misurazione dell’impatto delle iniziative di welfare. Per generare welfare, l’azienda deve basarsi su dei numeri, i suoi, e sul suo tornaconto. Per farlo essa ha bisogno di trovare dei meccanismi per misurarne l’effetto.

Avviare un programma di welfare aziendale rappresenta in ogni caso un costo, di cui spesso è difficile individuarne i ritorni per l’azienda. Come per ogni strategia, la sua applicazione deve essere di medio/lungo periodo. È un investimento che l’azienda fa per il futuro, per poter crescere. Per cui il piano di welfare aziendale deve avere una prospettiva strategica di medio/lungo termine, sia a livello di investimento, perché stiamo parlando in ogni caso di un’attività sul sociale, sia per i suoi collaboratori.

Il welfare, aggiunge, riesce a sostenere politiche di work environment, quindi di clima aziendale, di motivazione dei dipendenti e rappresenta anche una possibilità di ritorno positivo sul branding dell’azienda,permettendo di essere competitivi e attraenti sul mercato. Ma dall’altra parte deve anche concepire ogni intervento sul capitale umano come un proprio investimento e quindi, come tale, attendere anche i successivi ritorni.

Due sono le opzioni che, secondo Manzoni,possono distinguersi all’avvio di un piano di welfare.

  • Opzione unilaterale, l’azienda attiva un piano di WA senza l’intervento di sindacati, secondo un quadro normativo. Può rappresentare un’iniziativa occasionale e liberale piuttosto che attraverso un regolamento aziendale sempre unilaterale dell’azienda che determina certi obiettivi e se appunto questa voglia erogare poi servizi di welfare.
  • Opzione bilaterale,strada invece che nasce dal tavolo negoziale con l’organizzazione sindacale. Può nascere da un accordo sindacale obbligatorio, se esiste un premio di produttività, oppure con un accordo aziendale se legato ad un’erogazione di beni e servizi al di fuori della produzione del premio di produttività.

Per entrambi le opzioni, esistono delle variabili da considerare:

– gli obiettivi aziendali;

– il modello di relazioni sindacali, che oggi ci sono o che l’azienda intende avere in futuro. Questo naturalmente determina se la strada sarà unilaterale o bilaterale e il grado di coinvolgimento delle OOSS;

– Le risorse economiche disponibili e sostenibili, che l’azienda ha o che intende trovare o da dove intende trovarle;

– I dipendenti, agire per i dipendenti vuol dire capire chi sono, se sono sposati, con figli, giovani etc;

-Il quadro normativo.

Esistono obiettivi di produttività che sono oggi normati dalle nuove norme a seguito della legge di stabilità 2016/2017, che sono oggi fondamentalmente legati al raggiungimento di certi obiettivi con un’erogazione del Premio di Risultato,che rappresenta un’iniziativa di breve periodo, attraverso la quale il lavoratore ha la possibilità di convertire parte del suo salario in beni e servizi. Si tratta di flexible benefit, dove più che del bene si parla di valore. Ma lasciando libera la scelta al singolo dipendente, questo, tendenzialmente, sceglierà ciò che è più vicino a un ritorno economico di breve periodo.

Gli altri vantaggi dell’azienda derivanti dal welfare aziendale sono più complessi: Efficienza, Performance, Engagement, Attraction, Clima, Branding Reputation. Raggiungere questi obiettivi, che sono fondamentali per l’azienda, con un’iniziativa di breve termine risulterà molto più difficile, pertanto è necessario adottare iniziative di welfare di lungo periodo. A partire da questo punto è possibile decidere se avviare un percorso unilaterale o bilaterale.

Per poter misurare gli effetti di welfare in un percorso aziendale bisogna partire da quelli che sono gli obiettivi e il target, individuare quali KPI misurare e capire se hanno subito una variazione nel momento in cui una certa iniziativa è stata messa in atto e il valore di quest’ultima. Tutto da sommare all’individuazione di quali iniziative di welfare si vogliono portare avanti, di erogarle, , misurarle in funzione degli obiettivi aziendali di partenza e dei KPI,analizzare come si sono mossi e capire anche qual è stato ritorno, nonché capire se quel ritorno è stato in linea con le aspettative.

Oggi,all’interno delle aziende esistono degli indicatori di prospettiva finanziari, che sono famigliari all’azionista e al management, ma che non sono usuali al dipendente di un’azienda. Per questo non si può pensare di misurare il ritorno dell’azienda su questi parametri (PFN, MOL, EBITDA, ecc).Più congeniale è far riferimento ad altri kpi, a parametri qualitativi gestionali che sono influenzabili da comportamenti individuali, che sono comunicabili, che sono semplici e facilmente calcolabili, che sono conosciuti dall’azienda dai dipendenti e dalle organizzazioni dipendenti.

Antonio Manzoni ha concluso, mostrando quelli che sono i risultati emersi dall’analisi di alcune aziende. E’ emerso che esistono due tipi di indicatori da tenere presente, quelli tangibili che sono più legati alla parte economica dell’azienda, che sono più facilmente misurabili, e quelli intangibili che normalmente oggi in un bilancio di economics non vengono indicati.

Dall’analisi i KPI tangible hanno una reazione immediata rispetto ad un’iniziativa di welfare, per cui è possibile vedere sin da subito un’immediata reazione positiva, ma poi come tali si assestano se non si interviene in alcun modo.

I KPI intangible, i quali sono legati al patrimonio dell’azienda, sono meno reattivi ma mantengono nel tempo il loro valore, anche se la politica di welfare viene rivista. Ciò vuol dire che essi sono entrati in una logica aziendale, quindi lo spirito di collaborazione all’interno delle aziende si è assestato a un livello, e anche l’immagine dell’azienda si è riposizionata nel tempo, e questi mantengono molto più valore. Sono più difficili da andare a misurare, ma dall’altra parte sono una componente fondamentale.

Infine, tra le leve fondamentali, vi è la comunicazione. Qualsiasi iniziativa aziendale, infatti, deve essere accompagnata da un adeguato piano di comunicazione.

Antonio Manzoni è stato Financial Manager e CFO in importanti aziende (ENI, Mediaset, Mondadori, Gruppo Coin, De Agostini Editore). Ha realizzato progetti di Welfare Aziendale diventati best practice a livello nazionale (Luxottica, Barilla, SEA, Autogrill) ed importanti progetti di Welfare Aziendale territoriale in collaborazione con Confindustria.  Attualmente è Partner e Co-fondatore di Valore Welfare Srl, Società di consulenza indipendente specializzata nella progettazione e nella realizzazione di piani di Welfare Aziendale.