Benessere Fisico

Stretching con il Metodo Feldenkrais

Sei un atleta? Un danzatore o una danzatrice? Oppure vai a correre al parco o ti piace fare trekking? Allora ti sarà capitato di sentire indolenzimento ai muscoli e per decontrarli avrai fatto stretching. A volte lo avrai fatto anche per riscaldarti prima di iniziare un allenamento o una competizione.

Attenzione, perché c’è stretching e stretching ed è bene conoscere come funziona per non rischiare contrazioni e addirittura lesioni. Se lo si esercita con forza eccessiva, pensando di allungare il muscolo come fosse un elastico, si ottiene infatti il risultato opposto.

Quando i muscoli vengono stirati reagiscono contraendosi, secondo il fenomeno chiamato “riflesso di stiramento”: ogni fibra muscolare contiene un recettore nervoso e questi recettori – i fusi muscolari – quando individuano uno stiramento, ordinano ai muscoli di contrarsi di più, al fine di evitare una lesione.

È un meccanismo sano, atto a prevenire gli strappi, siamo noi che dobbiamo stare attenti a non provocarlo. Ricerche del Nicholas Institute of Sports Medecine and Athletic Trauma di New York e della Nebraska Wesleyan University hanno dimostrato l’inutilità dello stretching statico esercitato con forza meccanica, il quale di fatto provoca una deformazione delle fibre muscolari, poiché vengono allungate al di là dei propri limiti elastici.

Non si tratta quindi di un allungamento autentico, ma di uno stiramento momentaneo e una volta passato l’effetto, il muscolo ritorna come prima, facendoci di nuovo sentire l’esigenza di stirarlo. Si crea così un circolo vizioso.

Un allungamento autentico della muscolatura, che ci permette di ottenere flessibilità e forza al tempo stesso, si ottiene imparando a muoversi con maggiore consapevolezza attraverso l’osservazione, l’attenzione, l’esplorazione, la sperimentazione di noi stessi durante i movimenti, in modo da informare il cervello e permettergli di elaborare schemi di movimento funzionali.

Forse non ci si pensa, ma i muscoli non hanno cervello! È il cervello che dice ai muscoli che cosa devono fare e quando un muscolo è contratto, dobbiamo cambiare i modelli neurologici che lo mantengono in quello stato, rieducando i comandi centrali.

Nello stretching meccanico e statico invece il cervello riceve messaggi contraddittori, poiché usiamo forza contraria al muscolo in contrazione.

Un allenamento basato sulla consapevolezza è quello proposto dal Metodo Feldenkrais: un’autoeducazione al movimento che utilizza le sensazioni fisiche per insegnare al cervello come gestire al meglio il corpo, la mente, le emozioni.

Non dimentichiamo, infatti, che spasmi muscolari e contratture sono causate anche da stress psicologico.

Per darti qualche strumento utile per il tuo allenamento ho scritto l’ebook “SmartFitness” che puoi scaricare gratuitamente.

 

(1) Commento

  1. […] Stretching, dall’inglese “allungare”… ma siamo sicuri che stiamo allungando i nostri muscoli? O piuttosto ne stiamo tirando le estremità come se fossero degli elastici? I muscoli, però, non si comportano come gli elastici: dopo l’iniziale allungamento, se lo stretching non è eseguito in modo corretto, si contrarranno di nuovo, forse anche di più, costringendoti a ripetere e ad aumentare lo stretching ed entrare così in un circolo vizioso di “dipendenza da stretching”. Quello che occorre è conoscere come funziona il “riflesso di stiramento” ed evitare di provocarlo, imparando ad allungare i muscoli in modo funzionale e consapevole, anziché esercitare una forza controproducente. Ne parlo nell’articolo pubblicato sul blog di ShapeMe , “Stretching con il Metodo Feldenkrais”. […]

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